Trinità ci accoglie con il suono delle sue campane e il profilo aguzzo del suo inconfondibile campanile, che si staglia visibile anche da diversi chilometri di distanza. La piazza centrale del paese non può che colpire il visitatore, con la sua particolarissima configurazione, su cui si affacciano ben tre edifici ecclesiastici. Oltre alla parrocchiale, edificio dalle morbide linee del Barocco e neoclassico, disegnato dal doglianese Giovanni Battista Borra, si vedono sulla piazza l’antico campanile romanico, la chiesa della confraternita e la palazzina del castello.
La chiesetta della confraternita di san Giovanni Evangelista o dei Battuti Rossi è un piccolo gioiello, risalente al XVII secolo. Sobria e lineare, nella forma e nei colori, è segnata dall’ordine di quattro lesene rosse e da due nicchie con le statue della Fede e della carità. Custodisce una pregevole tela d’altare con San Giovanni Evangelista, opera di Sebastiano Taricco del 1689. Anche la parrocchiale può vantare diverse pregevoli tele: Felice Biscarra (la SS. Trinità), dell’Operti di Bra, del Bongiovanni di Pianfei e affreschi nella volta di Andrea Vinaj, dei Toscano e del Balbo di Mondovì. Oltre alla festa patronale, dedicata a San Giorgio, Trinità merita di essere visitata nel corso della Fiera dij Pocio e dij bigat, manifestazione che più di ogni altra la caratterizza nel territorio regionale e nazionale. La sagra si svolge l’ultima settimana di novembre, unisce i pocio, i frutti più poveri e diffusi, ai bigat, ovvero i bachi da seta, centrali nella storia produttiva di Trinità (Tant’è che ancora oggi una zona del paese prende il nome di “Filatur”.