La Fiera del Bue grasso
Dal Medioevo ad oggi, una passerella delle eccellenze dell’allevamento piemontese
Ore 6 del mattino. Il sole non ha ancora fatto capolino da dietro alle colline all’orizzonte e già a Carrù, sull’altopiano, c’è la fila fuori dalla porta dei ristoranti. È il secondo giovedì prima di Natale, e come da ormai cinque secoli a questa parte, il paese rompe con le consuetudini ordinarie per fare un tuffo nella tradizione. Il giorno della Fiera del Bue grasso, tanto per cominciare, si fa colazione a base di bollito di manzo, trippe e vin brulé e si incomincia a bere e far festa dalle prime ore del mattino. Poi lungo la giornata si tengono gli eventi e la grande passerella dei buoi, che si conclude con l’assegnazione delle ambite gualdrappe.
Fiera del bue grasso, un rito che arriva dal… Medioevo
“Suma già tuti prunt per ‘ra fèra pì festusa, pì gustusa d’r Piemont!
Da matìn prèst fina al tramont, ‘na vòta a-r’an belesì a Carù ij’è tut ‘r mond!“
“Siamo già tutti pronti per la fiera più festosa e più gustosa del Piemonte/Dal mattino presto fino al tramonto, una volta all’anno qui a Carrù c’è tutto il mondo”
(Tre Lilu – A la fera del Bò)
Un evento centrale per gli allevatori della zona, forse la manifestazione più prestigiosa dedicata al Bue grasso e alla razza piemontese. Un rito che si tiene dal Medioevo, e che è stato istituzionalizzato nella forma attuale a partire dal 1910. Nel 1635 il Duca Vittorio Amedeo I concede alla comunità carrucese di tenere una fiera annuale della durata di tre giorni, da far ricadere dopo il 4 novembre, festa di San Carlo. Poi, appunto, il 15 dicembre 1910, la prima edizione ufficiale del corso moderno, che nasce per contrastare la scarsità di animali da macello e tenere calmierato il prezzo della carne, che allora volava piuttosto alto. Il Comizio agrario monregalese e il comune di Carrù volevano promuovere il consumo di carne anche tra le classi meno abbienti, e mostrare “quanto possa ottenersi per quantità e qualità di carne dalla razza bovina piemontese sottoposta a razionale ingrassamento”.
Da allora tutti gli anni Carrù si ferma. Ci sono stati cambiamenti negli ultimi anni (dal giovedì alla domenica, al giorno dell’Immacolata), per poi tornare alle “origini”. La tradizione non si tocca, e la tradizione vuole che a metà dicembre si festeggia. Il vino scorre fin dalla mattinata e si assiste alla contesa degli allevatori al foro boario, l’agorà del bestiame.
Con gli anni la manifestazione ha acquisito un prestigio sempre maggiore, sia dal punto di vista turistico che gastronomico, con un notevole incremento di appassionati gourmet, che scoprono le Langhe e le sue eccellenze gastronomiche ad affollare la Fiera: oggi non sono soltanto i vecchi allevatori e i contadini legati alle tradizioni, ma un pubblico moderno di appassionati di buona tavola, turisti, cuochi, giornalisti, food blogger e influencer. Anche qualche vip tutti gli anni non manca mai di fare capolino: tra i maggiori aficionados c’è sicuramente il comico milanese Renato Pozzetto, che non disdegna mai una puntatina in Langa.
Ma la “Fiera” non è un giorno solo, è un modo di vivere. Si festeggia almeno un mese prima con i pranzi e le cene del “Gran Galà”, a base di bollito ovviamente. Poi eventi, convegni, e stand fieristici. La Pro Loco mette in campo tutte le sue forze sotto la tensostruttura in piazza e per tutta la durata dell’evento serve più di 400 coperti, a pranzo e cena, a tutti gli appassionati che desiderano venire a gustare il bollito di Carrù. Per non parlare, naturalmente dei ristoranti carrucesi, sommersi dalle prenotazioni.
Fiera del bue grasso, il bastone del Tocau
Tradizione della fiera, e circostanze dei tempi, volevano che i capi arrivassero a piedi dalle stalle, condotti dai “Tucai” ovvero figure specializzate (talvolta gli stessi allevatori, talvolta no) in grado di condurre il bestiame utilizzando il tradizionale bastone, strumento con il quale è possibile dirigere l’animale e regolarne il passo. Questo attrezzo, in legno di castagno, incurvato a mano con l’aiuto del fuoco e dell’acqua, è un po’ il simbolo della manifestazione. Ogni anno gli artigiani di Carrù producono 100 esemplari di questi bastoni, tutti siglati con una targhetta che porta incisa l’edizione della Fiera. Diventano dunque un ricordo e una testimonianza esclusiva dell’evento, un oggetto prezioso da collezione.
Fiera del bue grasso, la tradizione del bollito
La domenica, nella tradizione contadina, è il giorno del “lesso”. Giorno dedicato al Signore e alla famiglia, vede fin dal mattino sobbollire, sul “potagè”, la stufa-piano di cottura tipica delle case piemontesi d’altri tempi, carni e zuppe. Ci si riscaldava, e intanto gli alimenti potevano godere di una lunga lessatura, che conferiva loro sapori e aromi unici. Nasce in questo contesto la tradizione del “Bollito”, che per i carrucesi è irrimediabilmente legato alla regola del sette: tanti sono i tagli di carne previsti dal rituale (scaramella, punta di petto, brutto e buono, muscolo, stinco, cappello del prete, reale con osso), e tante sono gli “ornamenti”, ovvero altre prelibatezze che devono accompagnare il piatto (testina di vitello, lingua, zampino, coda, gallina, cotechino, rolata o lonza). Infine, per non farsi mancare proprio nulla, non possono mancare le salse, dal tradizionale “Bagnet verd” con prezzemolo, acciughe, aceto, aglio e mollica di pane, al “Bagnet Rus“, con pomodori, peperone, aglio, senape e aceto rosso. Poi la salsa al Cren, con il rafano, la salsa delle api a base di miele, la senape in polvere, la mostarda d’uva e altre ancora. Anche se, come ogni carrucese sa, il vero appassionato e intenditore non può che apprezzare e degustare le finezze di una carne tanto eccellente con un solo condimento: pochi chicchi di sale grosso.