In cammino verso la Regina: la via delle Cappelle
“Quindici sontuose cappelle per rappresentare gli augusti misteri ricordati colla recita del santo Rosario. Queste sarebbero distribuite lungo la nuova strada che da Mondovì riesce al celebre suo santuario presso Vico». Con queste parole, nel 1872, il vescovo Giovanni Tommaso Ghilardi rilanciava un progetto già immaginato nel 1600, e che vedrà la luce proprio a cavallo tra Ottocento e Novecento. Cappelle che segnano “la via per il Santuario”, non solo per le tappe del Rosario della Processione dell’8 settembre e dell’Ascensione. Un’arteria, di circa cinque chilometri, che unisce la testa e il cuore.
«Con siffatto progetto che noi facemmo in occasione della solenne incoronazione della prodigiosa immagine di Maria SS venerata nel Santuario medesimo, si verrebbe a rappresentare un Rosario perpetuo e una sorgente di grazie sia spirituali che temporali, a pro di tutti coloro che verranno a visitare le cappelle, stelle per tutti i secoli a venire»: questo l’auspicio di mons. Ghilardi che, per meglio illustrare il progetto, diede alla stampe anche un opuscolo dal titolo: «Celebrità del Santuario di Mondovì presso Vico ed appello ai cattolici italiani pel concorso alla erezione di quindici cappelle rappresentanti li quindici misteri del SS Rosario ad incremento del Santuario medesimo e ad oggetto di ottenere da Maria SS pronto soccorso alla Chiesa ed alla patria negli attuali gravi pericoli» (Mondovì 1872, presso Giuseppe Bianco tipografo vescovile e del collegio delle estere missioni).
STORIA DI UNA DEVOZIONE
Prima di addentrarci nel dettaglio della “via delle cappelle” è sicuramente gustoso ed interessante leggere la “presentazione” che il vescovo Ghilardi fa del “Santuario di Mondovì presso Vico” nel suo, prezioso, documento. «Per la moltiplicità ed importanza dei miracoli, pel concorso di gente devota da tutte le parti del mondo, questo Santuario non la cede punto a quello di Loreto», e ancora: «Nel solo anno 1594, 240 miracoli dichiarati autentici». Siamo agli albori della storia quando una piccola immagine di Madonna con Bambino del 1400, allora quasi dispersa nella boscaglia e poi valorizzata dall’intervento di Cesare Trombetta, venne nominata in mezza Europa.
«Non è meraviglia che i prodigi operatisi per l’intercessione di Maria SS in questo suo Santuario siano stati tanti. Invocata, la Vergine di Mondovì anche da lungi risanò moribondi, sottrasse infelici al pericolo inevitabile di cadere nelle mani dei barbari, ottenne vittoria ai combattimenti nelle circostanze le più difficili e scabrose e liberò da imminenti naufragi», prosegue Ghilardi. Particolare il ricordo del cavaliere di Malta Clemente Malabaila che nel 1614 «trionfò dei turchi per l’invocazione della Vergine di Mondovì e nell’iscrizione unita al quadro che mandò al Santuario volle che fosse perpetuata la memoria del fatto». Ma anche «peccatori di ogni genere ricuperarono mirabilmente la vita perduta dell’anima». «Nel 1595 in soli quattro mesi un milione e mezzo di persone si recarono a venerare la taumaturga immagine. Questo concorso non durò solo per più mesi, ma per varii anni e non solo dal Piemonte e dalla Liguria, ma da tutta la Provenza, Lombardia, Savoja, Italia, Francia, Germania e Spagna. Dalla stessa Torino parevano abbandonate le case, deserte le contrate, spopolata la città». Ed è lungo l’elenco di re, principi, principesse e nobili che visitarono il Santuario negli anni successivi lasciando ricchi doni ed offerte.
LA “CORONA” DELLE CAPPELLE
Come abbiamo già accennato, la concessione papale per la costruzione di alcune cappelle devozionali circostanti il pilone della Madonna di Mondovì a Vicoforte risale al 1606. Nel 1682 si progettò di edificare lungo la via più breve che dalla città (Mondovì Piazza) conduce al Santuario, quattordici cappelle nelle quali fossero rappresentanti i misteri del Rosario, riservando il quindicesimo al medesimo Santuario. I siti erano posti sulla strada detta “dei boschi” fatta allargare dal Vitozzi nel 1597; dalla Cappella della Maddalena (nei paraggi dell’attuale prima cappella), raggiungeva Fiamenga scendendo poi dietro il Santuario per un tratto detto ancora oggi “degli Apostoli”.
La costruzione di cappelle e piloni, riprese, come abbiamo visto, per volere del vescovo Ghilardi e proseguì nel 1873-86 sotto l’episcopato di mons. Pozzi con l’erezione di quattro edifici. Un quinto è dovuto all’opera del parroco e della comunità di Fiamenga (1888) e altri tre piloni sorsero sotto l’episcopato di mons. Ressia negli anni tra il 1905 e il 1911.
Nel suo testo il vescovo Ghirardi rispondeva in anticipo anche alle possibili obiezioni al progetto: «Nei tempi tristi che corrono, ed in cui non parlasi che di miserie, d’imposte, di debiti e fallimenti, sarà troppo difficile venir a capo dell’impresa», ma «veggendosi quanto spreco si faccia del denaro assai miglior consiglio il farne buon uso spendendolo in opere di beneficenza, e così tesoreggiare per cielo dove si è sicuri di non essere derubati e si possederanno incorruttibili tesori di gloria che dureranno in eterno». «Ci sono già tante opere pie» ma «è questo il tempo per supplicare Maria» e se «sarà troppo difficile che noi possiamo aver la soddisfazione di veder compiuta un’opera per la quale certamente vi vorranno tanti anni», «se piacerà alla divina Provvidenza di conservarci ancora per qualche anno in vita, speriamo che dalle divisate cappelle ci sarà dato di vederne erette almeno una parte».
Molto pratiche le indicazioni del vescovo per la realizzazione del progetto: «Famiglie facoltose e fervide per gl’interessi della religione possono erigere di per se stesse una cappella, ciascuna verrà a costare lire circa dieci mila». C’è poi la proposta di una sottoscrizione con l’invito ad offerte di qualunque misura.
«UN PATRIMONIO CHE CONTRADISTINGUE IL NOSTRO PAESAGGIO»
La serie di piloni e cappelle si concludeva idealmente con la quindicesima, il Santuario, che celebra l’incoronazione della Vergine nella gioia degli Angeli e dei Santi. I pellegrini che percorrevano quella strada venivano così condotti a scoprire Dio quasi naturalmente, per gradi, attraverso la mediazione della sua madre terrena. E ancora oggi, ha sottolineato più volte il vescovo di Mondovì Egidio Miragoli: «La via delle Cappelle non è solo itinerario religioso, ma è un patrimonio storico e artistico che può contraddistinguere il nostro territorio, il nostro paesaggio».
Già diversi anni fa Tonino Rizzi con l’aiuto, e la macchina da scrivere, di Ezio Briatore compilò un dettagliato stato dell’opera evidenziando gli interventi necessari per muri, scarichi, risanamento, infissi, affreschi da ripristinare evidenziando uno stato di abbandono generale. Ma una svolta è arrivata solo nel 2023 con l’avvio dei i lavori per sistemane alcune di queste cappelle: nello specifico, la prima (“dell’Annunciazione”), la quarta (“della flagellazione di Gesù”) e la quinta (“del viaggio al Calvario di Gesù”). E ci si sta già muovendo anche per le due rimanenti (di proprietà del Santuario). Un intervento atteso da tanto, su cui Mondovì e Vicoforte, le Parrocchie e la Diocesi puntano molto. Un triplo progetto contando su quasi 450 mila euro, reso possibile grazie ai fondi del PNRR nell’ambito delle misure di “Rigenerazione di piccoli siti culturali, patrimonio culturale, religioso e rurale”.
Proprio dai dati raccolti da Tonino Rizzi nell’archivio della Curia vescovile, in quello del Santuario e delle rispettive parrocchie e dal lavoro di Giancarlo Comino abbiamo tratto le notizie storiche, il dettaglio del progetto e delle singole opere realizzare (e non).
PRIMO MISTERO GAUDIOSO – Cappella dell’Annunciazione
Appartiene alla parrocchia della Cattedrale. Fu costruita del 1885 su progetto dell’ing Vajra e del geom. G.B. Schellino coadiuvati dal geom. Vincenzo Mado. L’impresario era Luca Veglio. I capitelli sono opera del cementista Luigi Mechilla e lo stuccatore fu Daniele Gozzi.
La cupola fu ricoperta in rame su consiglio del conte di San Quintino, ad opera del lattoniere Lorenzo Spadone. Il cancello ed altre opere in ferro furono realizzate da Giuseppe Fagli. Gli affreschi sono opera di Andrea Vinai e risalgono al 1886. L’icona principale raffigura l’annunciazione, sul lato sinistro la presentazione di Maria al Tempio e su quello destro lo sposalizio di Maria. Nei pinnacoli sono rappresentati alcuni profeti, nella cupola angeli con invocazioni delle litanie. Sul lato nord una lapide ricorda la battaglia del Bricchetto combattuta tra gli austro-piemontesi ed i francesi il 21 aprile 1796.
SECONDO MISTERO GAUDIOSO – Pilone della visita di Maria a S. Elisabetta
Appartiene al Santuario e fu costruito nel 1905 per volere del vescovo Ressia. L’affresco è di Agostino Toscano. È in marmo bianco.
TERZO MISTERO GAUDIOSO – La nascita di Gesù
I piloni dedicati alla nascita di Gesù e alla sua presentazione al Tempio (3º e 4º mistero gaudioso) non furono realizzati.
QUARTO MISTERO GAUDIOSO – La presentazione di Gesù al Tempio
Doveva essere eretto. Per i misteri della natività e della presentazione al Tempio si era proposto di realizzare due affreschi da dipingere in uno stesso pilone.
QUINTO MISTERO GAUDIOSO – Gesù tra i dottori del Tempio
La cappella è edificata a foggia di tempietto con scalinata per ricordare, anche nella struttura, il mistero che vi è raffigurato. È di proprietà del Santuario e fu costruita nel 1875 su progetto di Vajra e Schellino. Gli affreschi risalgono al 1877 e sono di Giuseppe Ingegnatti. La direzione dei lavori fu assunta da Luigi Scotti, sacerdote della Missione, impresario Luca Veglia.
Il 15 agosto del 1875 nel corso di una processione dalla Cattedrale al Santuario, presenti il vescovo Placido Pozzi assistito dal Capitolo, il clero e i fedeli, si procedette alla benedizione ed alla posa della prima pietra. La copertura è in zinco. L’interno raffigura Gesù che discute con i dottori, sulla volta degli angeli reggono la croce.
ACCORCIATOIA FRA LE CAPPELLE DEL QUINTO MISTERO GAUDIOSO E DEL PRIMO MISTERO DOLOROSO
È di proprietà del Santuario costruita nel 1876. Dai documenti risulta chiamarsi “Salita di Santa Franca”. Fu costruita dal Vajra con Luigi Scotti e lo Schellino.
PRIMO MISTERO DOLOROSO – L’agonia di Gesù nell’orto
È di proprietà del Santuario e fu costruito nel 1875 dal Vajra e dallo Schellino, sotto la direzione di don Luigi Scotti per l’impresa di Luca Veglia. Gli affreschi sono di Andrea Vinai: sulla volta gli angeli portano i simboli della passione
La copertura è in lastre di zinco ed il parafulmine fu installato grazie all’interessamento di don Carlo Bruno.
SECONDO MISTERO DOLOROSO – La flagellazione di Gesù
È di proprietà del Santuario e la sua costruzione risale al 1877 ad opera dell’ing. Vajra. Cooperarono l’impresario Giacomo Gajlever, il fabbro Giuseppe Faglio e lo scalpellino Domenico Marchisio. Gli affreschi sono di Luigi Morgari (1879).
La struttura è a pianta circolare, con cupolino e pronao. La copertura è in lastre di zinco.
TERZO MISTERO DOLOROSO – La coronazione di spine
Il pilone è di proprietà del Santuario e la costruzione risale al 1911. L’affresco è di Agide Noelli. La copertura è in lastre di marmo.
QUARTO MISTERO DOLOROSO – Il viaggio al Calvario di Gesù
Si trova in località Pasquero e ne è proprietaria la parrocchia di Fiamenga. I muri perimetrali vennero innalzato nel 1888 su disegno di don Unia, arciprete di Garessio. Cooperarono il capomastro Luca Veglia e il geometra Vincenzo Madon. La cupola (1894) è dovuta all’intervento dello Schellino (capomastri Melchiorre Lobera, Pietro Bovolo e Battista Oderda). La copertura in rame è di Matteo Forzano, lattoniere di Mondovì, mentre la gradinata fu costruita da Francesco Rossini.
La cappella fu voluta dal parroco di Fiamenga, don Francesco Chionetti, e dalla comunità e ingloba un pilone, risalente al 1750 circa, decorato con un affresco raffigurante Gesù che porta la croce (l’opera è stata rifatta da Francesco Toscano). Un momento della Passione per il quale la popolazione aveva particolare devozione. Nei documenti la cappella è definita “Cappella del Sacro Pilone di Gesù che porta la croce”.
QUINTO MISTERO DOLOROSO – La crocifissione di Gesù
Consta di un semplice affresco sul lato sinistro della parrocchiale dei SS Pietro e Paolo in Fiamenga (1745).
PRIMO MISTERO GLORIOSO – La resurrezione
Esisteva una cappella all’incrocio con la via del Santuario. Era dedicata alla Resurrezione, rappresentata sull’icona dell’altare. “Molto malandata”, come annotò il parroco don Francesco Chionetti nel 1892, fu demolita negli anni Cinquanta del ‘900 per ampliare la strada. Era stata eretta dalle famiglie Veglia che la vollero dotata di altare per celebrarvi la messa.
SECONDO MISTERO GLORIOSO – L’ascensione di Gesù al Cielo
È di proprietà privata. La cappella detta dell’Ascensione fu costruita a metà della via che attraversa Fiamenga a spesa della famiglia Trombetta, discendente in linea diretta del venerabile Cesare Trombetta, principale promotore della devozione al “Sacro Pilone” intorno al quale sorgerà il Santuario. L’interno ha forme pregevoli, forse c’è l’intervento di Francesco Gallo) con stucchi e decorazioni dagli aiuti del Biella. L’icona (sec XVIII) raffigura l’Ascensione di Gesù con la madre e i discepoli. Il portale funge da pilone con bassorilievo raffigurante l’Ascensione.
TERZO MISTERO GLORIOSO – Discesa dello Spirito santo
È di proprietà della parrocchia di Fiamenga ed è la cappella più antica. È situata all’estremità dell’abitato (direzione Santuario) e fu costruita nel 1689 su iniziativa dei coniugi Stefano Ghigliozzi e Maria Airaldi, nipote, quest’ultima, del cardinal Bona che fu per breve tempo abate del Monastero cistercense. È a pianta circolare e contiene un semplice altare sul quale campeggiano due immagini dello Spirito Santo (l’una affrescata sulla volta, l’altra, in metallo, fissata al centro di un arco). La cappella ha un campanile, con campana, e si affaccia su un piccolo spiazzo. Una lapide sulla facciata porta la scritta “Stephani Ghiliotti ed Mariae Ayraldae emin.mi card. Bona neptis in vicensem virginem pietatus monumentum An. Domini MVCLXXXIX
QUARTO MISTERO GLORIOSO – Assunzione di Maria al cielo
Pilone di proprietà della Parrocchia di Fiamenga. Costruito nel 1906 dall’ing. Ferrante, autore di S. Giulia a Torino, fu affrescato dal pittore monregalese Agostino Toscano. Sorge sulla via Fiamenga-Santuario. È in mattoni a vista e la nicchia è impreziosita da due colonnine in marmo e ornamenti in ceramica.