A Dogliani lo Schellino è l’artista che ha lasciato il segno: c’è il “Gaudì” delle Langhe
Siamo a Dogliani Castello, nella parte alta del paese, dove è impossibile non notare ancora un particolare bello rosso: la torre merlata e imponente dell’Orologio, tutta rivestita di una tonalità più chiara del Dolcetto. É una costruzione antica, ristrutturata poi, a metà ‘800, da Giovanni Battista Schellino (nato a Dogliani, posto a cui lega indissolubilmente la sua carriera).
Una volta sistemati per bene sullo schienale della Big Bench, dallo skyline del paese spunta una cupola azzurrata con la sua croce volta a sfidare il cielo, che è la sommità con cui si presenta la Chiesa dei Santi Quirico e Paolo. È anche questa opera dello Schellino, negli anni in cui il Regno Sabaudo stava conquistando lo Stato Pontificio, e si tratta di una Chiesa molto imponente, che rientra in un neoclassico formale, così tradizionale che c’è il rischio quasi di rimanere delusi per uno che si è guadagnato la nomea di “Gaudì delle Langhe”. Per quello basta innanzitutto cominciare a dare un occhio alla vicina “Torre dei cessi” nascosta qualche metro dietro la Chiesa di San Quirico e Paolo (e sì, si chiama proprio così perché serviva ad ospitare i servizi igienici dell’adiacente caserma).
Ogni Gaudì che si rispetti ha la sua Sagrada Familia e per Dogliani, inevitabilmente, questo posto ha la sua sede nel cimitero monumentale, proprio all’ingresso del Borgo Castello. Guglie strette, alte e slanciate, di quel rosso che abbiamo imparato a conoscere, accolgono il visitatore e all’ingresso suscitano suggestioni difficili da spiegare, con una simmetria che stona (volutamente) con i pioppi e il piccolo boschetto in cui sono costruite le tombe.