La Bisalta, tra leggende e tradizioni
La Bisalta è una montagna che caratterizza fortemente il paesaggio: il suo caratteristico profilo, con le due punte ravvicinate, è visibile e riconoscibile quasi da ogni punto del monregalese. Forse anche per questo è protagonista di storie e leggende, ha sempre goduto di un particolare fascino, un’aura mistica e misteriosa, che risale addirittura al Neolitico. I Liguri Bagienni, che si spostavano in zona per cacciare in estate, identificavano nelle sue particolari forme il simbolo dell’energia femminile, contrapposto al Monviso, che con l’unica punta svettante verso il cielo era invece segno del maschio. Per questo consideravano questo territorio una valle magica, ricca di forze naturali propizie, in cui insediarsi e cacciare.
La Bisalta ha sempre colpito la fantasia dei popolani, forse perché, a vederla dalla pianura, assomiglia a un grande drago addormentato. Sulle sue rocce sono state ambientate tante storie popolari e tante leggende. A cominciare da quella che spiega l’origine del suo particolarissimo profilo: secondo un’antica favola il diavolo, avrebbe stretto un patto con un contadino, per comprare la sua anima. L’uomo però, essendo analfabeta, firmò il contratto con una croce. Alla vista del simbolo, il demonio impazzito di terrore, fuggì tanto rapidamente da colpire e dividere la cima della montagna, che da allora ha due punte.
La Bisalta nell’immaginario popolare è un luogo ricco di mistero: per molti vi si concentrano forze misteriose, quasi come nel film “Picnic ad Hanging Rock“. Ha fama di essere un luogo imprevedibile, in cui misteriosamente si scatenano temporali improvvisi, caratterizzati da tanti fulmini, e talvolta le rocce della montagna sono anche colpite da scariche di energia a ciel sereno. C’è chi guardando alla montagna dice di aver visto oggetti volanti non meglio identificati, qualcuno si spinge a dire che, tra le sue rocce, vivrebbe un eremita nascosto, che non si fa vedere da nessuno, altri addirittura che ci fosse un intero popolo (all’inizio del Novecento c’è chi sostiene di aver visto, in quota, un gruppo di bambini albini disperdersi e fuggire). Di concreto c’è solo il ritrovamento sulla Bisalta di alcune rocce, che potrebbero essere state oggetto di culto al tempo dei Bagienni: alcuni menhir, tra cui una stele di forma antropomorfa, con una testa triangolare.
Tutte storie che sono andate, negli anni, a creare un substrato di fascino e di interesse per questo luogo, molto frequentato dagli escursionisti per la sua bellezza e per la straordinaria ampiezza del panorama. Nelle giornate più limpide persino il Golfo di Genova si intravede sull’orizzonte.
Una volta l’anno i peveragnesi e i chiusani possono godere dello straordinario spettacolo della fiaccolata degli alpinisti, che scendono dalla cima con tante fiaccole accese.
Tutte le storie legate alla Bisalta si perdono nella notte dei tempi: la più recente è forse quella che risale a metà del Novecento, un episodio su cui non si è mai fatta chiarezza. Dai paesi nei dintorni si udirono distintamente tre forti esplosioni, accompagnate da fenomeni luminosi. Nonostante numerose ricerche, di quei fenomeni non fu mai trovata traccia nè trovata spiegazione alcuna.
Il particolare rapporto tra il Monviso e la Bisalta all’orizzonte ha dato vita a un’altra leggenda, popolare a Peveragno e dintorni. Si tratta della Leggenda di Viso e Alta che qui riportiamo
La Leggenda di Viso e Alta
Narra la tradizione che Alta fosse una bella fanciulla orfana. Era alta, dagli occhi neri, con i capelli bruni, cresceva circondata da prati freschi, vicino al fiume. Un giorno la giovane, cresciuta da sola, sentì un canto dall’altra sponda del fiume e volle andare a vedere. Scoprì che c’era un ragazzo dall’altra parte, così lo chiamò, invitandolo a presentarsi. Il ragazzo rispose di chiamarsi Viso, e di essere solito cantare tutto il giorno, per alleviare la sua solitudine. Ammonì la fanciulla di non volerlo mai vedere in viso, pena la perdita del suo canto. Allora Alta ogni giorno venne in quel luogo prima dell’alba e dopo il tramonto, aspettando di sentirlo cantare. Viso soffriva di non poter essere visto, a dispetto del suo nome. Una notte Alta, innamoratasi di lui, rimase ad ascoltarlo cantare fino alle prime luci dell’alba, quando un raggio sottilissimo di sole, il primo, gli svelò l’aspetto dell’amato. I due si corsero incontro, ma la maledizione fece il suo corso: dal fiume sorsero rocce e massi, con un cupo fragore. Tra i due si frappose un altopiano di pietra, che li divise per sempre. Così ancora oggi, Il Monviso e la Bisalta sono separati da un altopiano, su cui sorge la città di Cuneo.
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